L’elezione del Presidente

L’ELEZIONE DEL PRESIDENTE

Di Massimo Torsani

Credo che tutti concordino sullo spettacolo indecoroso offerto dal ceto politico riunito in conclave per questa tornata di elezioni presidenziali. Aggiungerei anche offerto dal balletto dei commentatori chiamati dai mass media a dire tutto ed il contrario di tutto. Ma questo è il mestiere di giornali e televisioni.

Il secondo mandato nell’elezione del Presidente

Forse non altrettanto concordi si è sulle motivazioni di tutto ciò. L’elezione del Presidente della repubblica ha portato secondo me all’unica soluzione possibile: il secondo mandato al povero Mattarella. Povero perché forse avrebbe voluto trascorrere gli ultimi anni della vita nella sua Palermo. Il senso di responsabilità nei confronti della nazione glielo ha impedito.

Ripeto la domanda che ho già avuto occasione di porre: cosa succederà fra sette anni?

L’Italia unita ha avuto solo due volte nella sua non lunga storia, una classe politica dirigente all’altezza: dopo il Risorgimento e dopo la Resistenza. Cioè le classi politiche selezionate nel fuoco delle scontro. Questo non significa affermare che solo da grandi sconvolgimenti gli italiani siano capaci di ritrovare il filo del bene comune. Non è un discorso riferito al popolo di questo paese, bensì al meccanismo di selezione della classe dirigente.

Il meccanismo di selezione e l’elezione del Presidente

Negli altri non lo so, ma in Italia il meccanismo di selezione della classe dirigente, tranne che nelle due occasioni succitate, funziona al contrario: cioè premia i peggiori. Ho spesso sentito affermare che la classe politica è lo specchio del paese reale, ma non concordo con questa affermazione. La classe politica rappresenta il peggio del paese reale perché in tal senso è stata selezionata. I più corrotti e corruttibili, ruffiani e portaborse, portatori di due facce e votati esclusivamente al potere ed alla sua conservazione.

In questo senso le loro leadership sono ancora peggiori. Infatti si è visto in questa tornata elettorale come la platea di Montecitorio, insieme al paese reale, abbia alla fine fatto emergere, quasi imposto, Mattarella vincendo le resistenze dei loro leader, che non hanno scelto Mattarella, come adesso tutti stanno affermando, ma si sono arresi a questa scelta.

Letta è vero ha mantenuto un basso profilo nell’elezione del Presidente e si è imbrattato meno di altri, ma la sensazione forte è che lo abbia fatto perché non avesse nulla da dire, per ignavia. Certo, quando non si ha nulla di serio da dire e meglio starsi zitti e di questo bisogna dargliene atto.

Galantuomo

Di galantuomini in Italia ancora ce ne sono, uomini e donne. Da Bersani a Rosy Bindi ad altri. Ma l’essere galantuomini, avere a cuore l’interesse del paese e metterlo innanzi al proprio è una condizione necessaria ma non sufficiente per essere Presidente della repubblica. Bisogna anche essere un uomo politico. Mi dispiace am a parte Mattarella con queste caratteristiche non ne vedo.

Il ’68

Il ‘68 ha rappresentato un altro momento particolare in questo paese, ma che non ha interessato, se non marginalmente, la classe politica ed il suo meccanismo di selezione. Comunque quel periodo conferma le mie affermazioni sul meccanismo di selezione formato nel fuoco dello scontro perché è così che si è formata la classe dirigente del Movimento prima, dei Gruppi extraparlamentari poi. Finché lo scontro ha tenuto quel meccanismo si è mostrato efficiente. Poi lo sfascio e l’inizio dell’era della Milano da bere.

Tanto è vero che agli inizi degli anni ‘80 quel PCI che già mostrava segni evidenti di declino della sua dirigenza a tutti i livelli, aveva aperto la caccia a tutti i fuoriusciti dei gruppi per inserirli nei suoi quadri. Io stesso sono stato contattato dalla federazione romana e mi sono state fatte delle offerte se avessi preso la tessera e fossi entrato a far parte dell’organizzazione. Ho declinato ed ora osservo con piacere dall’esterno. Con piacere non per cosa osservo ma perché sono all’esterno.

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2 Risposte a “L’elezione del Presidente”

  1. Caro Massimo, non credo che poche righe possano bastare per comprendere il motivi che hanno contribuito al degrado della politica italiana e di chi la esercita.
    Come ho già avuto modo di dirti, sembra, da come scrivi, che se non ci sono grandi sconvolgimenti nazionali, la classe politica non si affina. Certamente in occasione di eventi luttuosi e tragici, che coinvolgono i destini del paese, molte rivalità e distinguo vengono messi da parte, c’è da pensare concretamente al bene comune. Io ritengo che questa decadenza sia il frutto di molti fattori, non ultimo la ritirata dei partiti dal territorio. Ma anche l’era berlusconiana, derivata dalla Milano da bere. Che comunque ha espresso anche uomini di spessore e non ne sto giudicando l’etica, ma la condotta politica. Il ’68, “rivoluzione” che abbiamo importato prima dagli USA e poi da Parigi , siamo stati in grado di declinarla quasi unicamente in maniera violenta. Anche lì, qualche uomo politico era emerso; le contingenze, le scelte errate, li hanno affossati.
    E’ pur vero che l’attuale volto della politica italiana, è impresentabile, ma non dimenticare l’ultima onda populista di lega e grillini, uomini e donne improvvisati senza le basi e le strutture mentali politiche. La questione è molto articolata e non si può liquidare in quattro righe, mettiamoci intorno ad un tavolo con una bella birra e parliamone coinvolgendo anche qualche amico. un saluto

    1. Sarei d’accordo per la birra intorno ad un tavolo ed una riflessione più seria e pacata. Vedo però le difficoltà logistiche e soprattutto l’episodicità che questo tipo di approccio comporterebbe. Mi piacerebbe trovare i modi per portare avanti questa riflessione, anche al di là di episodicità, che comunque sarebbero gradite. Pensiamo a chi coinvolgere nella riflessione, stabiliamo un appuntamento e discutiamo soprattutto di come, se ci interessa, far sviluppare la cosa.

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