Brad Mehldau

BRAD MEHLDAU SONGS – THE ART OF THE TRIO – VOL. III – 1988

Brad Mehldau -pianoforte / Larry Grenadier – contrabbasso / Jorge Rossy – batteria

di Sante Fernando Tacca

La scelta di una prima proposta è sempre impegnativa e foriera di mille dubbi. Il criterio che ho deciso di seguire tuttavia non è quello di essere gradito ai miei pochi lettori ma il desiderio di suscitare curiosità e interesse verso artisti e opere che magari ad un primo ascolto possono anche risultare ostici e di non facile lettura.

Non so perché ma il primo artista a cui ho pensato è stato Brad Mehldau, uno tra i più grandi pianisti jazz al mondo, che per formazione classica e temperamento è stato additato come l’erede di Bill Evans (cosa che lo infastidisce), e che per lirismo viene anche accostato a Keith Jarrett, altro mostro sacro.

Elenco brani
Elenco brani

Qui parliamo soprattutto di Trio Jazz, e cioè della classica formazione pianoforte-contrabbasso-batteria con cui si sono cimentati innumerevoli artisti, i cui massimi risultati estetici e formali si sono raggiunti appunto con il Trio per eccellenza che ha rappresentato per anni il modello formale di riferimento per tutti i successivi Trii che si sono succeduti: quello appunto di Bill Evans con Scott LaFaro al contrabbasso e Paul Motian alla batteria (la memorabile serie di concerti al Village Vanguard di New York nel 1961 immortalata nei due album Waltz for DebbySunday at the Village Vanguard, rappresentano ancora oggi una pietra miliare).

Tutta la discografia di Mehldau è degna di nota, avrei potuto scegliere qualsiasi album, ma la mia scelta istintiva è caduta su un album pubblicato nel 1998, il Vol. 3 della sua pentalogia “The Art Of The Trio”.

La formazione

La formazione è quella che per anni lo accompagnerà con Larry Grenadier al contrabbasso e Jorge Rossy alla batteria (nel 2005 Rossy verrà rimpiazzato da Jeff Ballard).

Si tratta di un album intimista e lirico, dalle atmosfere crepuscolari e sognanti che a partire dalle Songs che prende a prestito dal pop, dai grandi standards o dai brani che lui stesso compone, gli consente di poter dispiegare quella che secondo me è la sua caratteristica principale: saper esporre la melodia con una tale maestria e maturità artistica da rivestirla di invenzioni improvvisative armoniche e ritmiche fatte di un continuo contrappunto delle due mani, totalmente e miracolosamente indipendenti l’una dall’altra, sia da un punto di vista melodico che ritmico. Ad un primo ascolto ciò può non apparire perché la bellezza espositiva apparentemente semplice può mascherare quello che in realtà dopo ripetuti ascolti risulta emergere in tutta la sua complessità e raffinatezza.

Ed è per questo che Song appartiene agli album che acquistano sapore ad ogni successivo ascolto, rivelando di sé (come direbbe Paolo Conte con la sua “Milonga”) molto più, molto più di quanto apparisse.

Cinque brani sono di Mehldau, tre sono standards e due sono “chicche” riprese dal pop: la bellissima River Man di Nick Drake e Exit Music (For a Film) dei Radiohead.

Brani magnifici

Tutti i brani sono magnifici a partire dal Song-Song iniziale che da cupo e malinconico evolve poi in sonorità più chiare ed espansive, segnato per tutta la sua durata da un andamento swingante elegante e raffinato e da in interplay tra i musicisti veramente intrigante. Segue poi Unrequited, un brano lirico e virtuosistico al tempo stesso, dove Larry Grenadier si ritaglia un assolo al contrabbaso di pregevole fattura e dove Mehldau a circa trequarti del brano improvvisa in maniera strepitosa facendo compiere alle sue mani indipendenti quel miracoloso contrappunto che prima veniva ricordato.

A seguire un brano di Richard Rodgers e Lorenz Hart Bewitched, Bothered and Bewildered, standard ricercato dai jazzisti per la sua bellezza melodica e armonica, splendidamento reso qui da Mehldau con il suo Trio in una magnifica interpretazione con il contrabbasso a fare da contrappunto e i piatti e le spazzole della batteria a cesellare i vari momenti della melodia.

Da ricordare l’indimenticabile e ineguagliata versione che nel ’56 Ella Fitzgerald fece di questo brano, con Paul Smith al piano, Barney Kessel alla chitarra, Joe Mondragon al contrabbasso e Alvin Stoller alla batteria, versione che è vietato non conoscere.

A seguire l’incipit inconfondibile di Exit Music (For a Film) dei Radiohead che evidentemente piacciono molto al nostro pianista dato che anche in altri album sono presenti brani tratti dal loro repertorio. Mehldau dopo una fedele esposizione della melodia si avventura in improvvisazioni molto belle e suggestive di gran classe.

Retro
Retro

La canzone dei Radiohead

La canzone dei Radiohead compare nell’album pluripremiato del 1997 OK Computer  ma fu scritta specificatamente per i titoli di coda del film del 1996 diretto da Baz Luhrmann  William Shakespeare’s Romeo+Juliet, rielaborazione in chiave post-moderna della celebre tragedia. Questo brano ha sempre avuto su di me l’effetto del dejà-vu, nel senso che l’attacco iniziale utilizza una cellula tematica che a me ricorda l’incipit di una famosa canzone di Antonio Carlos Jobim Insensatez, la quale a sua volta mi ha sempre ricordato l’incipit del Preludio n.4 in Mi minore di Chopin (provare ad accostare i brani in sequenza rovesciata per credere).

Ma questo in musica si verifica spesso: utilizzare più o meno inconsapevolmente una cellula tematica molto caratterizzata, melodicamente o ritmicamente, composta di poche note, per iniziare una melodia che poi evolve dopo poche battute verso il proprio autonomo e originale sviluppo, un fenomeno cioè che niente a che vedere con il plagio.

Dopo altri due brani molto belli a propria firma At Loss e Convalescent in cui viene esaltato il magnifico interplay che si instaura tra i musicisti (così come avviene nell’ultimo brano Sehnsucht), subentra la splendida ballad For All We Know canzone scritta nel ’34 da J. Fred Coots e Sam M. Lewis, interpretata e ripresa da numerosissimi artisti e musicisti, di cui a me piace ricordare la splendida versione che ne fece Nat King Cole (la cui bellezza timbrica vocale per me supera tutte le altre).

La grandezza

Qui Brad mostra tutta la sua grandezza nel trattare un bella melodia plasmandola e interpretandola in base alla propria sensibilità, rispettandone i tempi ed esaltandone le soluzioni armoniche.

A seguire un brano di Nick Drake (autore cult inglese, introverso e geniale, scomparso all’età di soli 26 anni di cui Brad è estimatore): la splendida River Man presente in Five Leaves Left del 1969.

Bellissima versione strumentale da parte del Trio di una canzone di per sé bella, intrigante e misteriosa sia per la musica che per il testo (occasione per riascoltare il bellissimo album Five Leaves Left).

Commovente versione di Young at Heart

Subito dopo una versione dolcissima e commovente di Young at Heart di Johnny Richards e Carolyn Leigh, una canzone del ’53 portata al successo da Frank Sinatra. Dopo una delicata introduzione iniziale ed esposizione della melodia in chiave quasi onirica che richiama il mondo dell’infanzia, con tanto di carillon a caratterizzarne l’atmosfera ed il mood, subentra nello sviluppo successivo un’inquietudine e un turbamento come a ricordarne la nostalgia, subito seguita nella parte finale da una ritrovata serenità espressa in toni lirici con fraseggi e sonorità che rimandano alla sua formazione classica: il brano termina in maniera incantevole quasi fosse un notturno chopiniano. A dimostrazione di cosa può diventare una semplice canzone nelle mani creative di un grande artista come Brad Meldau.

Insomma un album da ascoltare e riascoltare, capace di svelare aspetti nuovi ad ogni ascolto.

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