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Il governo Draghi

Il governo Draghi

Un’operazione in puro stile democristiano.

Mario Draghi e il governo Draghi
Mario Draghi

Per favore non chiamate il governo Draghi: Governo di unità nazionale, né tantomeno Governo tecnico. Lo sono stati, forse, in passato il governo Ciampi e quello Monti, ma non questo. Si tratta di una operazione squisitamente politica condotta magistralmente (visto che ha ottenuto il plauso quasi unanime di stampa, formazioni politiche ed opinione pubblica).

La caduta di Conte

Conte e il governo Draghi
Conte

Tutto comincia quando viene fatto cadere il governo Conte. Prima di ciò risultano, ai primi di gennaio, incontri tra Draghi e vari politici, fra cui Renzi, a Città della Pieve. Non risultano documentati invece contatti di Mattarella con l’uno e l’altro, ma non è improbabile che ci siano stati, a giudicare da quello che avviene dopo che Conte ha rassegnato le dimissioni.

Il governo Conte viene liquidato quando è in discussione la gestione dei Recovery Fund. Le motivazioni, a mio avviso, sono due: la prima è che, come dicono a Napoli, nun se da a pucchiacca a i creature. In altre parole si tratta di una questione troppo importante per lasciarla in mano a degli incompetenti. La seconda e più importante è che quell’intervento così massiccio e capace di ridisegnare la geografia strutturale del paese, Mattarella vuole che sia speso a vantaggio dell’Italia.

Il governo del Presidente

Mattarella
Presidente Mattarella

Il Presidente è un democristiano vecchio stampo, forse l’ultimo rimasto, non un ladro di polli come i politici attuali. Non si tratta quindi di fare il governo Draghi per spartirsi la polpetta. Il problema che l’Italia di cui si parla è quella che un tempo si sarebbe definita dei padroni. Oggi si dice della Confindustria, delle banche, dei poteri forti: linguaggio diverso ma il risultato non cambia.

Così il Colle chiama al rapporto la consistente componente democristiana in PD e Forza Italia ed incarica Mario Draghi, nel tripudio di tutti. Aderiscono a frotte, politici e partiti di ogni schieramento, praticamente con la sola eccezione di Fratelli d’Italia, che però quando Salvini propendeva per il no, parlava di astensione.

Le pecche dell’ operazione

Due sono le pecche, io credo, di questo disegno politico: La prima è che si è lasciato un partito all’opposizione a destra, sospetto per calcolo intelligente ed accordo mascherato, ma non si è fatto lo stesso a sinistra. La storia recente degli anni di piombo ci insegna quanto sia pericoloso non riuscire a dare una risposta ad un dissenso che già si delinea nel paese.

Salvini
Salvini

L’altra riguarda il populismo e soprattutto la Lega. Molti, tra cui Ezio Mauro, ritengono che il coinvolgimento porterà necessariamente ad una svolta europeista e di integrazione nel sistema politico di questa formazione. Questo, a mio avviso, è un madornale errore.

Salvini e Trump

Trattare Salvini ed il sovranismo come in passato le classi politiche italiana e tedesca di allora hanno trattato rispettivamente Mussolini ed il fascismo negli anni venti e Hitler ed il nazismo negli anni trenta, significa scherzare con il fuoco. Questo proprio quando negli Sati Uniti Trump ha vinto la sua battaglia al congresso sul procedimento di impeachment e si appresta a rientrare sulla scena politica.

Donald Trump
Donald Trump

Chi contrasterà questo futuro oscuro che si prepara? Zingaretti e Biden? Non scherziamo.

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Trump: elezioni ed incendi

Trump: elezioni ed incendi

Le manifestazioni di protesta

Perchè parlare di Trump, elezioni ed incendi? All’inizio del mese riflettevo sulla profonda crisi che stanno attraversando gli Stati Uniti. Ero spinto a ciò dalle tragiche notizie provenienti da oltre oceano a proposito delle prodezze della polizia americana contro le persone di colore e le conseguenti manifestazioni di protesta.  Non si tratta però solo della polizia bianca che uccide i neri. Nemmeno delle conseguenti proteste e, fatto nuovo, delle reazioni della destra oltranzista che appoggia il Presidente Trump. Questa, come a Portland a fine Agosto, arriva in gruppo compatto, trasportata grazie a chi sa quali finanziamenti, e si contrappone alle manifestazioni di protesta. La memoria corre alle squadracce fasciste che, chiamate e finanziate da industriali del nord e possidenti terrieri del sud, arrivavano su camion per attaccare le manifestazioni operaie e contadine.

La profonda crisi degli Stati Uniti

La crisi americana però non si limita a ciò. Essa è anche espressione della crescente disuguaglianza economica e della disperazione di milioni di persone che, a partire dalla crisi del 2007 hanno visto compromesso il loro dorato, almeno a fronte di altri paesi del mondo, livello di vita. È espressione del progressivo appannarsi di quel sogno americano che per secoli ha cementato quella società nella sicura speranza di un domani migliore. È percepibile nella crisi di quel senso identitario, nonostante le differenze tutti riuniti sotto la stessa bandiera, che nemmeno le manifestazioni contro la guerra in Vietnam erano riuscite a mettere in discussione più di tanto.

Penso che chiunque, europeo, sia sempre rimasto stupito come me dal fatto che, appena risuonano le prime note dell’inno americano, ogni abitante di quel paese si metta sull’attenti, la mano sul cuore. Una cosa del genere qui nel nostro paese è impensabile. Oggi forse comincia a non essere più così anche là. Per non parlare del venir meno di quella percezione dell’essere dalla parte del giusto, dell’essere i buoni, il settimo cavalleggeri, Alamo e via discorrendo, che gli americani avevano. Oggi persino a livello governativo sono più apertamente spudorati e spesso non parlano di interessi dell’umanità ma solo di interessi americani.

A partire da questo mi chiedevo quanto avrebbe potuto ancora tenere la democrazia in quel paese e riflettevo sui rischi, interni e d esterni, di una spaccatura in un paese che è la prima potenza militare mondiale, per di più nucleare. Per esempio: se Trump, come minacciato, avesse mandato la guardia nazionale a Portland ed una parte di questa, che ha tra i suoi componenti una percentuale nera maggiore della media nazionale, si fosse ribellata? Ho poi abbandonato questo tipo di riflessione pensando che, come al solito, stavo esagerando.

Paul Auster
Paul Auster

L’articolo dell’Ansa su Paul Auster

Qualche giorno fa ho letto un articolo sull’Ansa in cui si intervistava lo scrittore americano Paul Auster. Questi si dichiarava profondamente preoccupato per la situazione nel suo paese ed preconizzava scenari in cui Donald Trump non riconosce il risultato elettorale. Riporto qui di seguito due estratti da quell’articolo:

Ci stiamo preparando anche al caos post 3 novembre che sembra inevitabile negli Stati Uniti. Se l’elezione non avrà un esito certo per via delle schede elettorali inviate per posta, c’è la seria possibilità che Trump e i Repubblicani dichiarino vittoria anche se non avranno vinto. Oppure potrebbe vincere Biden, ma Trump potrebbe rifiutarsi di riconoscere i risultati e lasciare l’incarico.

Credo una cosa: l’intero esperimento americano è in pericolo in questo momento. Stiamo correndo il rischio di vedere questa democrazia imperfetta evolversi in una forma di governo autoritario. Una volta accaduto, non so se riusciremo mai a tornare all’esperimento americano. Sarà finita.

L’ipotesi dietrologica

Ho visto le mie preoccupazioni confermate. Allora sono stato colto da un grave attacco di dietrologia. Questa è una malattia che colpisce a volte tutti coloro che non si fermano all’apparenza delle cose e tentano di comprendere cosa sia accaduto o stia accadendo senza accontentarsi delle notizie propalate dai TG della sera.

Mi rendo conto che si tratta di una ipotesi non solo priva di prove ma anche molto azzardata. Del resto però a partire dal Dottor Stranamore è la filmografia americana che ci ha abituati a simili possibilità.

Incendio in Oregon
Incendio in Oregon

A fine Agosto viene ucciso un sostenitore di Trump negli scontri a Portland. Il Presidente, inveendo contro la gestione democratica di quella città, ha minacciato di inviare la guardia nazionale. Alcuni giorni dopo la west coast americana è in fiamme, in particolare l’Oregon. Portland, la sua città più importante, è coperta da una coltre di fumo e circondata dalle fiamme. Sarà un caso?

Vai all’articolo dell’ANSA su Paul Auster

Vedi l’articolo dell’ANSA su Trump e Portland

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