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Sugo di lepre

Sugo di lepre

SUGO DI LEPRE

La lepre va ben distinta dal coniglio, e non solo perché è selvatica, mentre il coniglio no. Il coniglio è sempre domestico, al limite ritornato allo stato selvatico. Il coniglio era un animale prossimo all’estinzione quando i romani lo hanno trovato, chiamandolo cuniculus per via della tane che scavava sotto terra.

La sua diffusione era ridotta ad un areale ristretto nel sud della Spagna. I romani, domesticandolo, hanno fatto la fortuna della specie, che si è diffusa in tutto l’impero, e poi in tutto il mondo, spesso fuggendo e ritornando allo stato selvatico ed in alcuni casi, come in Australia, creando grossi problemi.

La lepre appartiene alla stessa famiglia ma non alla stessa specie. È possibile con il coniglio l’ibridazione ma il frutto che ne nasce è sterile (come per il cavallo e l’asino). Ha le orecchie più lunghe e le zampe posteriori molto più sviluppate, il che gli permette di compiere notevoli salti e, nella corsa, di cambiare direzione molto facilmente eludendo spesso i predatori.

Si intana in superficie, spesso tra cespugli e rami intricati. Sia lepre che coniglio selvatico non vanno in letargo. Da un punto di vista culinario si può trattare il coniglio selvatico come la lepre ma non è altrettanto saporito. È meglio trattarlo come il coniglio domestico, tenendolo a bagno più a lungo in acqua corrente oppure in acqua e aceto.

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Polpettine al sugo

Polpettine al sugo

Polpettine al sugo: quanti ricordi. Campeggio libero in dieci a Maratea, lembo di Lucania sul mar Tirreno. Eravamo giovani e ovviamente poco attrezzati ma ci piaceva mangiare bene. Così una volta abbiamo preparato una montagna di polpettine al sugo, per saziare dieci stomaci giovani ed affamati.

Facevamo cose folli come cucinare la piadina per cena e mangiarla con peperoni arrostiti e mortadella. Subito dopo tutti a pesca subacquea in notturna: i pesci li uccidevamo non col fucile ad arpione ma con i rutti.

Ricordo che pescavamo ostriche. Una varietà non commercializzata del genere Spondylus, non di quello Ostrea. Queste avevano una valva saldata con la roccia e per prenderle scendevamo in apnea con mazzetta e scalpello. Erano squisite ma due ore dopo la cattura diventavano immangiabili: le gustavamo spesso direttamente in acqua.

Ricordo anche un risotto ai ricci di mare con una montagna di uova di riccio. Però quello delle polpettine al sugo è la reminiscenza più vivida: sento ancora in bocca il sapore della mia gioventù.

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Sugo di castrato

Sugo di castrato

Una volta non esistevano il mercato su larga scala ed i congelatori. I maschi degli animali allevati per la carne si possono mangiare solo prima della pubertà. Dopo lo sviluppo sessuale rende le loro carni dure e di sapore molto intenso.

Per questo era diffusa l’abitudine di castrare gli agnelli maschi che non erano stati macellati, prima del loro pieno sviluppo sessuale, tranne quello destinato a diventare il maschio del gregge. Le femmine invece venivano conservate tutte per la riproduzione.

Si sono quindi diffuse nel tempo ricette per cucinare le carni di questi animali castrati, che, grazie allo sviluppo sessuale inibito, si mantengono teneri e gustosi. In particolare il castrato si consuma prevalentemente sotto forma di costolette alla brace o di carne al sugo.

In sua assenza si può usare la pecora. Non quella vecchia, alla fine della sua diciamo carriera di fattrice, che è più stoppacciosa, ma quella giovane, Essa risulta però meno saporita del castrato.

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Sugo al tonno

Sugo al tonno

Abbastanza semplice da preparare. Versatile: ci si possono condire sia spaghetti che pasta corta e perfino una pasta da minestra come i cannolicchi (in questo caso si chiamano cannolicchi alla bersagliera. Potete egregiamente sostituire i ciliegini con i pomodorini di pachino, con i datterini oppure con i pomodori camona. Non vi fidate dell’olio del tonno, anche se è di oliva: a meno ché non l’abbiate preparato voi scolatelo. Il segreto comunque sta nel fatto che il tonno in scatola non deve assolutamente cuocere: si aggiunge alla fine.

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