Sugo finto
A Roma il termine sugo, privo di aggettivi, indica una salsa per condire la pastasciutta a base di pomodoro e carne, sia essa costituita da involtini, da un pezzo di carne da brasato detta umido o da carne trita, a cui si uniscono le rigaglie di pollo.
Quindi mia nonna era coerente quando definiva sugo finto una sugo di pomodoro con le sole verdure. Ovviamente, non potendo mancare l’elemento animale, vi aggiungeva la pancetta, il parente ricco del guanciale, ed il burro.
Chissà cosa la faccia che avrebbe fatto se le avessero raccontato che qualcuno si permetteva di disdegnare quell’elemento animale, lei che aveva sofferto la fame, quella vera, in ben due conflitti mondiali.
D’altra parte è vero che il consumo di alimenti di origine animale costituisce un danno ecologico per l’intero pianeta, oggi che a questo consumo si apprestano non solo più i paesi occidentali ma anche vaste popolazioni dell’estremo oriente. Però è anche vero che la soluzione di ciò non sta in mode radical chic ma in una trasformazione dell’approccio di massa al consumo alimentare.
Il burro, un tempo, veniva portato in città la mattina, quando si aprivano le porte o le dogane, dagli abitanti dell’agro, detti per questo burini. Successivamente la parola passò ad indicare metaforicamente persone prive di urbanità, di cattivo gusto, campagnoli, per l’appunto in romano: burini.