Le ossa parlano

ANTONIO MANZINI – SELLERIO – LE OSSA PARLANO

di Giuseppe Santilli

Pubblicato a gennaio di questo 2022 “LE OSSA PARLANO” è il primo romanzo, se così si può dire, della nuova era del vive-questore Rocco Schiavone. Venduta la casa di Roma dove aveva abitato con sua moglie Marina, Rocco Schiavone inizia una nuova vita dove il presente sembra degno di essere vissuto e il passato ha trovato finalmente una sua collocazione stabile, una sistemazione concettuale. Naturalmente il passato a volte ritorna, con gli amici malavitosi di sempre che lo cercano, con Marina che riappare e gli parla. Naturalmente il distacco da Roma non comporta che improvvisamente Aosta gli piaccia. Rocco odia la montagna e si ostina a girare con le Clark anche nel clima della città valdostana.

Antonio Manzini
Antonio Manzini

Le ossa di un bambino

A complicare ulteriormente le cose c’è un nuovo caso, che merita il livello 10 + nella tabella delle rotture di coglioni. Si tratta del ritrovamento delle ossa di un bambino di circa dieci anni, in un bosco nei dintorni di Aosta.

L’oggetto dell’indagine è quella del mondo della pedofilia e della violenza sui minori. Tema ostico che Manzini affronta a viso aperto, senza peraltro rinunciare alla proverbiale vena ironica.

Si riconferma, nello svolgimento delle indagini, pur nella particolarità del caso (l’omicidio risale a sei anni prima del ritrovamento dell’apparato scheletrico) un mix di analisi scientifica dei reperti, di tracciamento delle relazioni dei personaggi coinvolti e delle intuizioni a volte geniali del vice-questore. Schiavone è qui particolarmente abile a mettere insieme dettagli che erano sfuggiti agli investigatori che avevano indagato all’epoca della scomparsa del bambino. Se le ossa parlano, però, lo si deve fondamentalmente alla scienza.

L’infelicità del male

Questo romanzo, dove la storia raccontata è troppo ingombrante per lasciare spazio alle vicende della vita di Schiavone, sembra però segnare la fine dell’appartenenza alla Polizia di Stato di Italo Pierron, un collaboratore di Schiavone, interpretato nella serie televisiva da Ernesto D’Argenio, arrestato dai Carabinieri per aver barato sistematicamente a un tavolo di poker. Anche questa appare come una rinuncia dolorosa per Schiavone che tuttavia non farà mancare al giovane agente il conforto della sua amicizia. Italo è stato in passato il suo collaboratore più stretto. Partecipe e complice dei suoi metodi investigativi non troppo canonici, a volte, molto simili ai reati.

La storia di Italo

Italo Pierron
Italo Pierron

La storia di Italo rappresenta l’illusorietà delle scorciatoie ed è un modo per Manzini per confermare la tesi della Arendt: la banalità del male. Ma Il male non è solo banale, procura infelicità. C’è un punto di non ritorno nella vita dei criminali. Le restrizioni e l’imbarbarimento dei rapporti umani finiscono per annullare i vantaggi procurati dalle pratiche illegali.

Anche in questo testo, come è ormai in tutti gli ultimi romanzi della saga del vice-questore, la scienza, in particolare la ricerca informatica, assume una grande importanza per il successo dell’indagine. Anche qui però Manzini introduce un elemento irregolare: evita le lungaggini burocratiche interne alla polizia e affida le ricerche informatiche al figlio della compagna dell’agente Casella. Si tratta di Carlo, uno smanettone, una sorta di hacker buono, che Schiavone utilizza e coinvolge sempre di più.

Come nel romanzo intitolato “Gli ultimi giorni di quiete”, testo non appartenente alla serie di Rocco Schiavone, nelle “Ossa parlano” affronta il tema doloroso della perdita di un figlio e delle pieghe che l’animo umano assume nel tentativo di elaborare un lutto non accettabile. I due testi, pur appartenendo a scenari completamente diversi, appaiono molto vicini per la sensibilità dell’autore nel trattare vicende intrise di dolore, che evidenziano la malvagità di cui sono, in certi casi, capaci, gli esseri umani.

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