TOMAS NEVINSON – EINAUDI – JAVIER MARIAS
di Giuseppe Santilli
Dopo una lunga pausa, in cui l’attività pratica e le vacanze hanno preso decisamente il sopravvento sulla lettura e la scrittura, vi propongo un libro impegnativo, sulla scia dei quel settembre che, come dice il maestro Guccini, è il mese del ripensamento sugli anni e sull’età, dopo l’ estate porta il dono usato della perplessità.
TOMAS NEVINSON E BERTA ISLA
Dopo “Berta Isla” Marias pubblica, nel 2021,“Tomas Nevinson” (uscito i Italia nel 2022) che è la continuazione della storia precedente che a sua volta costituisce il seguito della triologia dal titolo “il tuo volto domani” (“Febbre e lancia” – “Ballo e sogno” – “Veleno e ombra e addio”). La triologia è un’opera monumentale, di circa mille pagine. E’ un’opera straordinaria per quante cose dice sulla vita, sulle tante vite che si possono potenzialmente avere. E’ un appassionante cavalcata di rivisitazione delle verità scomode, come ad esempio la violenza che alberga anche negli individui più miti.
ADDIO A MARIAS
Nevinson è definitivamente il suo ultimo libro, perché Javier ci ha lasciato pochi giorni fa, domenica 11 settembre.
Spesso —aveva detto in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera nel 2019— penso a chi è morto come qualcuno che da tempo non vedo, niente di più. Non si cancellano i sentimenti, l’amicizia, per l’“accidente” che una creatura amata sia scomparsa. Si continua a tenerla presente, si continua a contare su di lui o su di lei. Non solo nel passato, nel presente. Diciamo che i morti lasciano una traccia e che questa traccia è a volte interminabile, ci accompagna per il resto delle nostre vite».
Marias non ha bisogno di presentazioni. Considerato uno degli autori più importanti al mondo. Conosciuto anche in Italia, soprattutto per il racconto dal titolo “domani nella battaglia pensa a me” ( titolo scespiriano). (Per coloro che non l’avessero letto è un magnifico modo per fare conoscenza con questo autore, romanzo dotato dell’incipit più bello che abbia mai letto.)
L’ESPLORAZIONE DELL’IGNOTO
Come in tutta la sua produzione, Marias, in Tomas Nevinson esplora l’ignoto, l’imprevisto, descrivendo la realtà parallela di ciò che sarebbe potuto accadere. Prende spunto da episodi di terrorismo reali, per mano dell’Eta e dell’Ira. Ci porta magistralmente nel mondo di quello che saremmo potuti essere e nella dimensione che nascondiamo anche a noi stessi. Ci porta nel mondo della finzione, della menzogna (perché tutti mentono), per evidenziare quanto il discrimine tra la recitazione di una parte e la vita reale sia sottile. “Si può nascondere quasi tutto, la gente crede di no, ma in realtà non ci vuole nessuna abilità particolare, siamo tutti impenetrabili e opachi per natura e la menzogna è invisibile “ (T. Nevinson pag 65).
Non si creda che nella menzogna ci siano solo vite disperate o scellerate, non si creda che nella finzione si viva senza etica. Al contrario è proprio una condizione estrema che porta alle domande sul significato della vita, sul valore delle relazioni umane. Ad esempio ci si chiede se non ci siano situazioni in cui la morte sia auspicabile, anche quella determinata da un omicidio ( si pensi, come fa Marias, alla possibilità reale avuta da un certo Reck-Malleczewen di sparare a Hitler in un ristorante, azione che avrebbe risparmiato milioni di vite umane. (…uccidere non è un atto così estremo né così difficile e ingiusto se si sa chi deve essere ucciso, quali delitti ha commesso o annuncia di voler commettere, quanto male sarà risparmiato con la sua morte, quante vite innocenti si salveranno al prezzo di un solo sparo, di uno strangolamento o di tre coltellate, è questione di pochi secondi ed è fatta… e tuttavia il primo passo costa.” (T.Nevinson pag. 22).
LA CONSIDERAZIONE DELLA MORTE E IL CINISMO DELLA GUERRA
Il tema della morte campeggia in tutto il romanzo, che è la storia di un assassinio “a fin di bene” deciso a tavolino da esponenti dei sevizi segreti britannici e spagnoli. La morte come evento rispetto al quale si ha il massimo dell’impotenza. “…le persone si sentono spinte a fare qualcosa, qualunque cosa, anche se non serve a nulla. Sono come gli amici e i parenti che coprono di fiori il feretro di un morto che non può più vederli né sentirne il profumo, o che gli parlano o gli scrivono bigliettini o lettere sapendo che ormai non può più udire né capire. La gente crede di dover stare accanto a chi ormai non necessita più né apprezza nessuna compagnia, e così facendo si confortano e si fanno compagnia i vivi, e in parte si consolano – anche – trattando con colpevole superiorità e condiscendenza il defunto, e mormorando poverino o poverina. (Ciò che invece merita ciascuno è un lento chiudersi di scuri).”
Sappiamo che questa visione cinica della considerazione della morte è un modo per sconfiggere i luoghi comuni, per mettere in ridicolo le abitudini sociali e far risaltare il valore della memoria delle persone che si sono amate e non ci sono più. Per rivendicare una certa intimità del dolore.
A proposito di cinismo c’è un passaggio sulla guerra che disvela la logica aberrante di questo strumento per la risoluzione dei conflitti. “La quantità induce la peggiore delle perversioni: sminuire la gravità di ciò che è gravissimo, per questo da un certo momento in poi non vengono più contati i caduti di una guerra, almeno mentre la guerra dura e continua a fare morti. E talvolta i responsabili prolungano inutilmente i conflitti proprio per questo: perché non si comincino a contare i morti che peserebbero sulle loro spalle.” (T. Nevinson pag. 80).
Sempre in tema di conflitti, dopo aver esortato allo studio della storia, perché le cose che succedono sono delle varianti di quello che è accaduto in passato, Marias scrive: “La crudeltà è contagiosa. L’odio è contagioso. La fede è contagiosa…Si trasforma in fanatismo alla velocità del lampo…”
IL POTERE AGLI IMBECILLI
C’è anche un passaggio di bruciante attualità sulla selezione al ribasso della classe dirigente e sui limiti della democrazia, che suona come un monito beffardo, difronte al quale si è impotenti come nei confronti della morte, e ci porta dentro i meccanismi torbidi del potere. “Il mondo finisce sempre in mano a individui difettosi e tormentati, è incredibile quanto le masse siano affascinate da ogni genere di anomalia, mentale o fisica. Deformità e risentimento, crudeltà e follia, sono cose che catturano e suscitano entusiasmi per un po’, finché gli entusiasti ci ripensano, si pentono in privato e in pubblico negano i loro entusiasmi passati. Immagino che molti siano conquistati da questa idea: se un simile imbecille è in grado di governare, potrei farlo anch’io; unita a quest’altra: un mostro si è impadronito del paese, che colpa ne abbiamo noi?” (T. Nevinson pagg. 71 e 72).
Nel testo ritorna, quasi ossessivamente, il fantasma di Hitler, per non dimenticare e per evidenziare che i meccanismi finiscono per essere sempre gli stessi. “…a volte proprio le possibilità più remote si fanno strada e si impongono e invadono tutto lo spazio, senza che uno sappia come sia potuto accadere. Chi mai avrebbe immaginato che il bambino di Braunau, l’aspirante pittore, il soldato mediocre, il capo di un partito marginale di picchiatori ed energumeni, il corpo immondo che odiava se stesso, avrebbe finito per diventare Cancelliere del Reich, per citare l’esempio più lampante e più estremo delle catastrofi improbabili. (T. Nevinson pag.438)
UCCIDERE UNA DONNA
La storia intorno alla quale è costruito un edificio di riflessioni sul discrimine labile e persino discutibile, tra bene e male e tra lecito e illecito, racconta la ricerca, da parte di un agente segreto di una donna che aveva preso parte 10 anni prima ad alcuni attentati dell’Eta e dell’Ira.
Quindi non si tratta, all’occorrenza, solo di uccidere, ma di uccidere una donna. Nevinson dice, con malcelata ironia: “ho avuto una educazione all’antica e, non avrei mai creduto che un giorno mi si potesse ordinare di uccidere una donna.”
Si è affermato come questo romanzo sia il sequel di Berta Isla, tuttavia si può tranquillamente leggere da solo, così come tutta l’opera di Marias, che è, in qualche modo, un continuum. La letteratura di Marias, perché siamo difronte a pura letteratura, così come la filosofia di Kant è stata definita la filosofia del limite della ragione umana, può essere definita la letteratura del limite e dell’ambiguità del reale. E’ per questo che non bisogna cedere al conformismo, alle semplificazioni e alle spiegazioni più ovvie. La realtà presenta molti livelli di possibili letture.
Infine, chiudiamo questo che vuole essere un piccolo tributo a un grande autore, con l’auspicio che a Marias venga attribuito il nobel per la letteratura, anche se postumo.
Ciao Javier, la tua traccia ci accompagnerà per il resto delle nostre vite.